sabato 31 ottobre 2009

The September Issue





Come avrete visto, se ci seguite, il nostro blog è aperto a tutte le novità in fatto di moda e, per dimostrarvelo, oggi, ispirata dall'uscita nelle sale italiane del nuovo film di Sasha Baron Cohen, Bruno (esilarante parodia del mondo della moda), ho deciso di parlarvi di un'altra produzione cinematografica assolutamente da non perdere. Specie se avete amato Il diavolo veste Prada e siete delle assidue lettrici di Vogue. Avete già capito dove voglio arrivare? Beh, è facile: si tratta del film-documentario statunitense di R. J. Cutler, The September Issue, che segue la vita di Anna Wintour, indiscussa "boss" di Vogue America, attraverso l'iter (più che tortuoso) che porta alla pubblicazione della rivista. Il titolo fa riferimento al numero di settembre in particolare, proprio perchè questo è il più importante, in quanto caratterizza le scelte editoriali di tutto l'anno a seguire.
Il film è già stato distribuito negli Usa, ragione che ci fa attendere ancor più ardentemente di vederlo quì da noi, sia perchè offre un fedelissimo ritratto dei retroscena di una redazione, sia perchè non si tratta mica della redazione di un giornale qualsiasi! Voglio dire, stiamo parlando di Vogue, la bibbia per tutte noi fashion victims; e Anna Wintour non dirige mica per caso la più autorevole rivista di moda del mondo!
Se avete apprezzato la dispotica tirannia della terribile direttrice di Runway Miranda Priestley (interpretata da una splendida Meryl Streep) nel film Il diavolo veste Prada, tratto dall'omonimo romanzo del 2003, sappiate che le vicende che ci hanno tanto appassionato sono ispirate proprio a colei che nella realtà è la personificazione vivente del diavolo di Prada vestito, cioè proprio Anna Wintour (e guardacaso l'autrice del libro Lauren Weisberger aveva lavorato proprio come sua assistente).
Tutto ciò contribuisce di certo a conferire un'allure di fascino alla potentissima Anna, talmente influente che John Galliano senza di lei non lavorerebbe da Christian Dior, talmente persuasiva che convinse Donald Trump a ospitare in una sala alcune collezioni di Marc Jacobs, quando questi era a corto di soldi (evidentemente molto tempo fa!), talmente sfacciata che, quando, giovanissima, si presentò al primo colloquio con l'allora direttrice di Vogue, alla domanda su quale posto volesse occupare nella rivista, rispose: "il suo". Un tipino di carattere, non c'è che dire!"Fashion is a religion, and this is the bible!"

LIVIA



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